Da Ratisbona ad Amman: il valore della ragione umana

bruno forteDei tre scopi dichiarati del pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa - il sostegno ai cristiani che  vivono in quei luoghi, l’approfondimento del dialogo e dell’amicizia col popolo ebraico e un incontro significativo con il mondo islamico – quest’ultimo ha conosciuto un momento culmine nell’incontro con i Capi religiosi musulmani alla Moschea al-Hussein bin-Talal di Amman, sabato scorso.

Già nel suo discorso di accoglienza  - straordinariamente cordiale e franco  - il Principe Ghazi Bin Muhammed Bin Talal, promotore di numerose iniziative per favorire il dialogo e lo scambio inter-religioso ed inter-culturale, si è fatto portavoce di un Islam pronto all’ascolto dell’altro e desideroso  di superare incomprensioni e steccati. Il riferimento ripetuto al discorso di Ratisbona di Papa Ratzinger - che tante polemiche aveva sollevato - è stato all’insegna dell’onestà intellettuale, in particolare quando il Principe ha sottolineato come le controverse parole di Michele Paleologo erano una citazione dotta e non esprimevano in alcun modo la posizione del Pontefice. Il discorso di Benedetto XVI - animato da uno spirito di amicizia e da palese volontà di dialogo - è stato di una singolare finezza: “Musulmani e Cristiani - ha detto il Papa - proprio a causa del peso della storia comune così spesso segnata da incomprensioni, devono oggi impegnarsi per essere individuati e riconosciuti come adoratori di Dio fedeli alla preghiera, desiderosi di comportarsi e vivere secondo le disposizioni dell’Onnipotente, misericordiosi e compassionevoli, coerenti nel dare testimonianza di tutto ciò che è giusto e buono, sempre memori della comune origine e dignità di ogni persona umana, che resta al vertice del disegno creatore di Dio per il mondo e per la storia”. Fin qui il Papa teologo ha evidenziato il riferimento comune di tutti i credenti al Dio unico e lo spirito di adorazione che esso  esige per essere autenticamente vissuto. Quindi Benedetto ha richiamato l’idea chiave del discorso di Ratisbona, riproponendola con chiarezza ed eleganza: “Desidero far menzione di un compito che ho indicato in diverse occasioni e che credo fermamente Cristiani e Musulmani possano assumersi, in particolare attraverso il loro contributo all’insegnamento e alla ricerca scientifica, come pure al servizio alla società. Tale compito costituisce la sfida a coltivare per il bene, nel contesto della fede e della verità, il vasto potenziale della ragione umana. I Cristiani in effetti descrivono Dio, fra gli altri modi, come Ragione creatrice, che ordina e guida il mondo. E Dio ci dota della capacità a partecipare a questa Ragione e così ad agire in accordo con ciò che è bene. I Musulmani adorano Dio, Creatore del Cielo e della Terra, che ha parlato all’umanità. E quali credenti nell’unico Dio, sappiamo che la ragione umana è in se stessa dono di Dio, e si eleva al piano più alto quando viene illuminata dalla luce della verità di Dio”. Quello che impressiona in queste parole è la coerenza totale con quanto asserito a Ratisbona, con la differenza che allora una polemica strumentale, basata su una citazione storica, ne aveva impedito la percezione forte e chiara, mentre ora in un contesto di serena accoglienza il messaggio appare in tutta la sua forza di verità, vincolante per tutti. Il Papa amico della ragione propone questa stessa ragione come ponte per il dialogo fra mondi religiosi diversi: non si tratta certo di una ragione ideologica, assolutizzata nelle sue pretese, ma di quella ragione usata in tutte le sue potenzialità e proprio per questo umile e aperta davanti al mistero. Lo stupore della ragione rende la ragione stessa non meno, ma più libera e capace di comprensione: “In realtà, quando la ragione umana umilmente consente ad essere purificata dalla fede non è per nulla indebolita; anzi, è rafforzata nel resistere alla presunzione di andare oltre ai propri limiti. In tal modo, la ragione umana viene rinvigorita nell’impegno di perseguire il suo nobile scopo di servire l’umanità, dando espressione alle nostre comuni aspirazioni più intime, ampliando, piuttosto che manipolarlo o restringerlo, il pubblico dibattito”. È su questo piano che la violenza esercitata in nome di Dio appare in tutta la sua evidenza di offesa  tanto alla ragione correttamente esercitata, quanto al Signore del cielo e della terra. Ed è qui che i credenti delle religioni del Dio unico hanno qualcosa di veramente importante da dire al mondo: “L’adesione genuina alla religione  - lungi dal restringere le nostre menti  - amplia gli orizzonti della comprensione umana. Ciò protegge la società civile dagli eccessi di un ego ingovernabile, che tende ad assolutizzare il finito e ad eclissare l’infinito; fa sì che la libertà sia esercitata in sinergia con la verità, ed arricchisce la cultura con la conoscenza di ciò che riguarda tutto ciò che è vero, buono e bello”. Una nuova, possibile alleanza si delinea fra cristiani, ebrei e musulmani: fondata sull’adorazione di Dio e sull’uso libero e aperto della ragione, essa appare come un potenziale straordinario di giustizia e di pace per l’umanità. Il messaggio di Ratisbona, senza nulla perdere della sua chiarezza accademica, diventa ora un appello spirituale a cui nessuno potrà sottrarsi, mascherandosi dietro rifiuti strumentali o vuoti slogans. Da Amman può partire una nuova stagione del dialogo islamico - cristiano non alternativo, ma precisamente nel quadro di un ritrovato, fondamentale rapporto fra la Chiesa e Israele.

Bruno Forte - Il Messaggero, Martedì 12 Maggio 2009, 1 e 25