Santissima Trinità: la scommessa sulla vita

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“Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20).

Le ultime parole di Gesù, prima di lasciare la Terra e fare ritorno al Cielo, sono la rivelazione, uscita dalla sua stessa bocca, dellaSantissima Trinità: “...nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo...”. Le prime parole rivolte da Dio alla Terra, uscite dalla bocca dell’angelo Gabriele, rivelano la medesima Trinità: “...concepirai un figlio...e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide...Lo Spirito Santo scenderà su di te..” (Lc 1,31-35).

Un’inclusione rivelatrice: l’intera esistenza terrena del Verbo della vita, dal suo istante d’inizio nel grembo di Maria al suo ritorno nel grembo del Padre, è manifestazione di quel “Mistero dei misteri” che è il Mistero della divina Trinità. E’ il Mistero stesso dell’amore, poiché la Trinità è Dio e “Dio è amore” (1Gv 4,8).
La rivelazione in Gesù della Trinità dice già il coinvolgimento ontologico della natura umana in tale Mistero, come afferma il Concilio Vaticano II: “In realtà, solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione.
Egli è “l’immagine dell’invisibile Dio” (Col 1,15). Egli è l’uomo perfetto che ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito agli inizi a causa del peccato. Poiché in Lui la natura umana è stata assunta, senza per questo venire annientata, per ciò stesso essa è stata anche in noi innalzata a una dignità sublime. Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo” (Costituzione Pastorale “Gaudium et spes” n. 22).
L’incarnazione del Verbo è un evento accaduto in un istante preciso, quello immediatamente preceduto dall’assenso di Maria: “...avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38); perciò l’affermazione conciliare “con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo” è vera a partire dal concepimento di Gesù a Nazaret. Se il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo, ogni uomo in certo modo si unisce al Figlio di Dio quando il Padre crea la sua anima nel grembo materno. Perciò ogni volta che viene concepito un uomo, in quell’istante viene creata la persona, a immagine e la somiglianza di Dio Trinità.
La Trinità è perciò il mistero essenziale dell’uomo, della sua natura, della sua identità, della sua dignità di figlio di Dio, come annuncia oggi Paolo: “Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio” (Rm 8,16). La fede nella Trinità è la luce che spalanca l’intelligenza alla comprensione della verità sull’uomo, “tutta la verità’” (Gv 16,13), l’unica realmente e totalmente valida per ogni uomo della storia. Chiunque responsabilmente non l’accolga, si ritrova nella tenebra dell’errore più drammatico e mortale che un uomo possa fare: l’errore sul significato della vita, l’errore su se stesso. Per questo solo la fede nella Trinità fa conoscere a pieno il valore incommensurabile e l’eccelsa dignità della vita umana, fondandone stabilmente l’assoluto e incondizionato rispetto fin dal suo concepimento.
E’ allora anzitutto necessario chiedersi cosa si intenda con l’affermazione che Dio è Uno e Trino. Scriveva Benedetto XVI in proposito: “La dottrina trinitaria non è nata da una speculazione fatta su Dio,.. Nell’Antico Testamento la fede biblica aveva anzitutto a che fare con un Dio che le si era fatto incontro come Padre d’Israele, Padre dei popoli, creatore e Signore del mondo. Nel periodo in cui era ancora in atto la formazione del Nuovo Testamento, a tutto ciò viene ad aggiungersi un evento completamente inatteso, grazie al quale Dio si presenta sotto un aspetto fino al momento del tutto sconosciuto: in Gesù Cristo c’è un uomo che si ritiene e si professa al contempo Figlio di Dio. S’incontra così Dio nella figura di un inviato che è intrinsecamente Dio e non un qualsiasi intermediario, eppure dice a Dio “Padre” assieme a noi.(…)Ora, ciò comporta che qui Dio ci si presenta non come Padre, bensì come Figlio e nostro fratello; col risultato che – con un procedimento inconcepibile e insieme altamente concepibile – viene a manifestarsi una dualità sussistente in Dio, ossia l’esistenza di un ‘io’ e d’un ‘tu’ nella sua unica essenza. A questa nuova esperienza di Dio, fa seguito infine come terzo elemento la constatazione dello Spirito, della presenza di Dio in noi, nel nostro intimo. Ne viene ancora una volta che questo ‘Spirito’ non si identifica né col Padre né col Figlio, e neppure istituisce un terzo elemento fra Dio e noi; è invece la modalità in cui Dio stesso si concede a noi, in cui si inserisce in noi così da essere nell’uomo, pur restando sempre, anche in questa ‘inabitazione’, infinitamente al di sopra di lui”(J. Ratzinger, Introduzione al Cristianesimo, 1984, cap. V: La fede nel Dio uno e trino).
Queste parole stanno al mistero della Trinità come un bicchier d’acqua sta all’oceano, eppure l’Acqua dell’Oceano sta qui, in questo bicchiere. Stupefatto, l’intelletto comprende che “la dignità della persona umana si radica nella creazione ad immagine e somiglianza di Dio. Dotata di un’anima spirituale e immortale, d’intelligenza e di libera volontà, la persona umana è ordinata a Dio e chiamata, con la sua anima e il suo corpo, alla beatitudine eterna”. (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n.358). E’ questo il messaggio fondamentale della celebrazione del Mistero della Santissima Trinità.
Alla domanda “In che senso l’uomo è creato a ‘immagine’ di Dio”?, il C.C.C. risponde: “..nel senso che è capace di conoscere e di amare, nella libertà, il proprio Creatore. E’ la sola creatura, su questa terra, che Dio ha voluto per se stessa e che ha chiamato a condividere, nella conoscenza e nell’amore, la sua vita divina”(n. 66). Si intende qui la conoscenza biblica, cioè l’esperienza profonda dell’amore e della vita divina, sul modello della conoscenza intima degli sposi. A tale ineffabile conoscenza l’uomo è abilitato per natura con il dono stesso della vita, come un orecchio fatto fisicamente per udire il suono.
Dotato di un’anima immortale sin dalla fecondazione (“concepirai un figlio” – Lc 1,31), l’essere umano è creato “uditore” di quella Parola di cui è immagine e somiglianza, “un essere della specie umana, individuale, che possiede in sé la finalità di svilupparsi in quanto persona umana ed insieme la capacità intrinseca di operare tale sviluppo.(…) Proprio a partire dai dati biologici disponibili, riteniamo non esservi alcuna ragione significativa che porti a negare l’essere persona dell’embrione, già in questa fase. Naturalmente, ciò presuppone un’interpretazione del concetto di persona di tipo sostanziale, riferita cioè alla stessa natura umana in quanto tale, ricca di potenzialità che si esprimeranno lungo tutto lo sviluppo embrionale e anche dopo la nascita.(…). Dal punto di vista morale, poi, al di là di ogni considerazione sulla personalità dell’embrione umano, il semplice fatto di essere in presenza di un essere umano (e sarebbe sufficiente persino il dubbio di trovarsi alla sua presenza) esige nei suoi confronti il pieno rispetto della sua integrità e dignità: ogni comportamento che in qualche modo possa costituire una minaccia o un’offesa per i suoi diritti fondamentali, primo fra tutti il diritto alla vita, è da considerarsi come gravemente immorale.(…). “L’amore di Dio non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l’uomo maturo, o l’anziano. Non fa differenza perché in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza (Gen 1,26) Non fa differenza perché in tutti ravvisa riflesso il volto del suo Figlio Unigenito, in cui “Ci ha scelti prima della creazione del mondo,..predestinandoci ad essere suoi figli adottivi..secondo il beneplacito della sua volontà” (Ef 1,4-6). (Benedetto XVI, discorso al Congresso internazionale della Pontificia Accademia per la Vita su “L’embrione umano nella fase del reimpianto. Aspetti scientifici e considerazioni bioetiche” – 27/2/2006).
Riconoscere e rispettare tale verità sulla dignità umana non è questione puramente antropologica. Lo affermava implicitamente l’allora card. Ratzinger nel Discorso al Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute (28/11/1996): “La dignità dell’uomo non è qualcosa che si impone ai nostri occhi, non è misurabile né quantificabile, essa sfugge ai parametri della ragione scientifica o tecnica; ma la nostra civiltà, il nostro umanesimo, non hanno fatto progressi se non nella misura in cui questa dignità è stata più universalmente e più pienamente riconosciuta a sempre più persone”.
Qui si dimostra la verità delle parole di Gesù: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti a ai dotti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 10,25). Solo gli umili possono riconoscere la Verità divina della dignità umana. Essi infatti sanno che “Non poter essere racchiuso dal massimamente grande, ed essere tuttavia contenuto dal massimamente piccolo è proprio di Dio” (Holderlin, XVII secolo).
Il fatto che l’uomo tutto intero sussista già quando il suo corpo è costituito da una sola cellula, e il fatto che la seconda persona della Trinità sia stata un tal uomo nel grembo di una donna, sembrano assurdità a certi dotti di ieri e di oggi che non vogliono accogliere il dono della fede cristiana, rivelazione di un fatto “inconcepibile”: “il Verbo che si fece carne” (Gv 1,14), si fece piccolo come il puntino della “i”, si fece, nell’istante del concepimento, quell’uomo cui pochi momenti prima, quando ancora non c’era, l’angelo diede il nome “Gesù”, che significa Salvatore. E’ stato scritto efficacemente: “..è il fatto di essere contenuto dal massimamente piccolo che costituisce la grandezza che nulla può racchiudere. L’umiltà è l’aspetto più radicale dell’amore. Dio è immensamente grande, potente, ma la sua grandezza consiste nel potere tutto ciò che può l’amore, fino all’annullamento di sé” (Francois Varillon, L’umiltà di Dio, p. 60). Questo è il Dio di Gesù Cristo, il Dio che si è fatto “Immacolato Concepito” nel grembo dell’Immacolata Concezione, vero Dio e vero uomo, perché l’uomo possa riconoscere la verità della propria eccelsa dignità di figlio di Dio.
Ritorno al testo “Introduzione al Cristianesimo” osservando con Benedetto XVI che credere profondamente alla verità della Trinità è possibile solo a colui che “...s’impegna di persona nell’esperimento da fare con Dio: in quell’esperimento che noi chiamiamo fede. Pascal, con la sua celebre argomentazione della scommessa, ha espresso tutto questo con una chiarezza quasi sconcertante: 'Ma insomma non esiste proprio alcun mezzo per rischiarare il buio, eliminando l’incertezza della mossa?' - 'Sì, esiste un mezzo, anzi, ne esiste più di uno: la s. Scrittura e tutte le altre testimonianze della religione' - 'Ma mi sento le mani legate, le labbra mute…Sono davvero congegnato in modo da essere incapace di credere. Che cosa debbo fare?' - 'Lei dunque ammette che l’impossibilità di credere non le proviene dalla ragione; la ragione, anzi, la porta alla fede; il suo rifiuto ha pertanto la causa altrove. Non riveste quindi alcuna importanza il cercare di convincerla adducendo ulteriori prove dell’esistenza di Dio; lei deve invece anzitutto combattere le passioni. Vuol giungere alla fede e non ne conosce la via? Vuol venire guarito dall’incredulità e non conosce il mezzo curativo? Impari un pochino da coloro che, un tempo, al par di lei, sono stati travagliati dal dubbio…Imiti il loro comportamento, faccia tutto quanto la fede esige, proprio come se lei fosse già credente. Assista alla messa, usi l’acqua benedetta, eccetera: tutto ciò la renderà indubbiamente semplice d’animo, conducendola alla fede'” (pp.133-134).

Oggi la scommessa decisiva per le sorti dell’umanità riguarda la verità della vita umana, la verità e la dignità dell’essere umano in quanto persona a pieno titolo fin dal concepimento, creata da Dio a propria immagine e somiglianza per un fine di amore reciproco e di comunione beata con la Trinità. Tale verità e dignità è Cristo. Chiunque la riconosca, accettando la scommessa e comportandosi di conseguenza, parteciperà fin da questa vita allo splendore della sua gloria.

padre Angelo del Favero