LE PROFEZIE ADEMPIUTE

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Premessa:

 

Eccoci alla settima tappa del progetto di pitture affidate a Iulian Rosu che riguarda il momento in cui Gesù parla di Giovanni il Battista, così come leggiamo nei Vangeli canonici e, in particolare, quelli della Terza domenica di Avvento secondo l’antico rito ambrosiano [1].

 

Come le altre icone è stata eseguita su uno speciale supporto di tela ricoperta da una foglia di legno. La superficie è stata dipinta con le tecniche delle antiche icone, usando cioè solo pigmenti naturali e minerali misti a tuorlo d’uovo con funzione di legante.

 

Il dipinto, terminato a metà nel mese di Maggio, sarà collocato in Basilica a Giugno sulla parete sinistra dopo esser stato esposto in fondo alla Basilica ad altezza d’uomo per circa un mese.

Non è certamente una novità, ma l’impatto visivo è sempre nuovo, forte e piacevole per via della brillante calda cromia e dell’atmosfera creata. Sappiamo però che un dipinto religioso non deve puntare solo a una bellezza puramente esteriore ma, deve offrire anche un’occasione di catechesi dalle immagini per scoprire la vera Bellezza e meglio comprendere l’insegnamento di Gesù. L’opera risponde perfettamente, a nostro avviso, al suo compito e riesce a presentare un momento in cui ciascuno di noi può, quasi fisicamente, partecipare e accogliere, condividere le  parole che Gesù dice di Giovanni il Precursore. Occorre poi ricordare che anche questo dipinto, come tutti, è il frutto di una stretta collaborazione tra il committente don Panzeri e il pittore. Ogni dipinto è, infatti, il risultato di un'approfondita analisi dei testi cui si riferisce la scena, scambiando, ecumenicamente, idee, simbologia e ambientazione. Iulian prepara poi un veloce schizzo e un bozzetto che traduce poi, con una spettacolare padronanza spaziale, sul grande pannello che, ricordiamo, è di circa 20 metri quadrati.

 

Possiamo poi dire che è stato provvidenziale il fatto che don Panzeri, animato da un desiderio coltivato da tempo, non abbia considerato il rischio di affidare l’esecuzione dei dipinti per un progetto così importante, a un pittore sconosciuto ai più e, in particolare, a chi vive e lavora nell’ambiente dell’arte e, soprattutto, a chi ha trasformato l’arte in una mera attività finanziaria. Grazie a una sua parrocchiana gli è stato possibile scoprire il nostro artista, valutare i modi espressivi di Iulian Rosu, perfettamente rispondenti alle sue idee.

 

 

 

Presentazione del dipinto

 

L’ambientazione di questa settima grande Icona è tra aspre e taglienti rocce che non sono però segno di un deserto senza vita. Qua e là spuntano, infatti, ciuffi d’erba e qualche robusta pianta. Un luogo che è accogliente nonostante l’apparente durezza e al dramma di Giovanni che è in prigione perché aveva denunciato, con coraggio, il comportamento immorale di Erode Antipa.

 

Sullo sfondo della scena vediamo un’articolata architettura che ricorda che quanto raffigurato non è avvenuta su un qualsiasi pianeta, ma sulla terra ed esattamente a Gerusalemme, ma riguarda anche la parrocchia dei SS. Nereo e Achilleo e l’intera comunità. Con uno stratagemma pittorico, sul lato sinistro vediamo, infatti, la sagoma architettonica dell’ingresso della cappella dell’oratorio della parrocchia e sulla destra una grande finestra con robuste sbarre da cui spunta, senza tenere conto della barriera, la figura di Giovanni con una ricca aureola.

 

Al centro è raffigurata la figura di Cristo con le sue abituali vesti di sommo sacerdote e, come sempre, con il rotolo della Parola avvolto e chiuso perché il Cristo stesso è la Parola, un cartiglio sempre aperto per rivelare la “lieta notizia” della venuta del Regno di Dio. Col braccio sinistro indica una figura in carcere, Giovanni il Battista, che è oggetto del suo discorso.

 

Assai efficace il modo in cui il nostro pittore lo rappresenta: una figura che non tiene minimamente conto delle robuste sbarre. È come se la potenza delle parole di Giovanni e della sua azione di precursore, di annunciatore di Cristo, non possa essere chiusa in alcun tenebroso carcere. La sua testimonianza di profeta è una “lampada che arde e risplende” (Gv 5,35) nel deserto (non solo in quello dove Giovanni aveva vissuto realmente ma, anche nel nostro!) che mai si spegnerà, come sottolineato dalla luce emanata dalla lampada ad olio accesa sul davanzale della finestra e dalla dorata aureola in oro zecchino!

 

Ai astanti Gesù così presenta del Battista: “che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re. Allora cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì. Vi dico e anzi uno che è più grande di un profeta. È lui quello di cui sta scritto; Ecco il mio messaggero; io lo mando davanti a te, egli preparerà la strada davanti a te” (Mt 11,7-10; Lc 7,24-27).

Due gruppi sono raffigurati. A sinistra alcuni discepoli di Gesù, ma non gli apostoli e, a destra, di fronte a Gesù, i discepoli mandati da Giovanni che con volto affranto chiedono: “Sei tu colui che deve venire (cioè il Messia) o dobbiamo aspettarne un altro?” (Mt 11,3; Lc 7,19; Gv 5,33). Un discepolo presenta anche la veste di pelo di cammello Giovanni che rammenta i suoi digiuni e la vita nel deserto. Questa domenica è appunto intitolata “le profezie adempiute” perché Gesù risponde ai discepoli di Giovanni affermando che la profezia di Isaia (Is 26,19-29) si è avverata: “I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti e ai poveri è annunciata la buona novella” (Mt 11,5). Per questo nell’icona è raffigurato un giovane che porta la mano agli occhi risanati e lascia il suo bastone, ormai non più necessario, perché guarito da Gesù.

(L. Bissoli)


 

[1] Seguendo il lezionario Ambrosiano nell’Anno A del si legge Mt 11,2-15; nell’anno B Gv 5,33-39; nell’anno C Lc 7,18-28.