LE TENTAZIONI

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tentazioni

 

Premessa:

Eccoci alla terz’ultima Icona del ricco e ammirato ciclo pittorico che don Panzeri ha coraggiosamente commissionato lo scorso anno al pittore Iulian Rosu allo scopo di decorare la spoglia navata centrale dell’imponente moderna basilica milanese. Mancano ancora l’Icona che ricorderà l’incontro di Gesù con la donna samaritana e quella dello scontro verbale del Signore con i Giudei sulla vera identità di Gesù, la cosiddetta “Domenica di Abramo”.

Questo dipinto racconta con l’abituale ricchezza cromatica e di forme, fedelmente conservate in tutto il ciclo, le tre tentazioni di Gesù, come raccontano i Vangeli sinottici di Marco, Matteo e Luca.

Dei tre brani il più ricco è quello di Matteo ed è quello cui si è riferito Iulian, sempre sorretto dai preziosi consigli di don Gianluigi, e che ha rappresentato in modo chiaro e perfettamente comprensibile il momento successivo alle tre tentazioni respinte da Gesù.

Nel Vangelo di Matteo leggiamo: Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame (Mt 4,1).

E ciò avvenne unicamente in preparazione della sua missione messianica. E fu un duro scontro con il tentatore, il separatore, che cerca di demolire il progetto di Dio.

Ricordiamo che il numero “quaranta” ricorre spesso nella Bibbia: quaranta giorni durò il diluvio, quaranta furono gli anni dell’Esodo, quaranta i giorni trascorsi da Mosè sul Sinai, identica durata ebbe la lotta di Davide contro Golia e il cammino di Elia per raggiungere Dio sul monte Horeb. Tanto durò la predicazione di Giona a Ninive. Per quaranta giorni Gesù risorto apparve ai suoi discepoli e, per finire, in quaranta giorni si distende la Quaresima, come indica la radice latina della parola stessa.

 

 

 

 

Presentazione del dipinto.

La tecnica esecutiva è ormai assai nota ai fedeli della basilica ma, come sempre, il dipinto ha caratteristiche estetiche e simboliche particolari che cerchiamo di “leggere” per poter così cogliere, ancora una volta, lo scopo primario della pittura sacra cristiana e il vero senso dell’opera: essere concreta e accessibile catechesi.

Sullo sfondo della scena, alle spalle di Gesù, vediamo un grande monte roccioso e desertico con gli abituali taglienti bordi secondo i modi bizantini. Al centro si staglia la sottile – ha digiunato 40 giorni - figura di Gesù in atteggiamento ieratico, di preghiera e di vittoria. Ha l’abituale veste rossa che richiama il tema del sacrificio, ma non indossa il mantello blu che ritroviamo in tutti dipinti di questo ciclo dove compare il Signore e che qui vediamo lasciato su un sasso, in basso sulla destra, pronto per essere indossato per dare inizio, con tutta la sua autorevolezza, alla vita pubblica.

I suoi piedi scalzi poggiano su una sorta di piedistallo roccioso, che lo innalza leggermente. Le sue braccia aperte ricordano immediatamente la croce e alle estremità vi sono due angeli che gli si erano accostati per servirlo dopo il lungo digiuno (Mc 1,13; Mt 4,11).

Attorno a Gesù si agita in modo mellifluo un grigio e quasi danzante demone. Il colore scelto è assai efficace, è un colore diafano e quasi trasparente a ricordarci che il diavolo è puro spirito, in quanto angelo decaduto. Il demonio si presenta mascherato di bellezza e con veste decorata dal suo rosso tridente, che ci ricorda le tre tentazioni che, come ha scritto il Card. Martini, sono un tentativo di “dividere l’unità dell’opera di Dio, dividere l’uomo da Dio e dividere l’uomo dagli altri”. Come detta la pittura bizantina il demonio è sempre raffigurato (come del resto anche Giuda) in un profilo netto e la sua figura volutamente ha un che di bellezza, per ricordare che il peccato ha in sé qualcosa di apparentemente affascinante che a volte seduce l’uomo; se il demonio fosse “brutto” nessuno lo seguirebbe.

La prima tentazione è ricordata dal diavolo al centro che ha in mano delle pietre e che invita Gesù a trasformarle in pane. La seconda tentazione nel Vangelo di Matteo (che corrisponde alla terza nel Vangelo di Luca) è rappresentata dal diavolo a sinistra che addita il tempio di Gerusalemme in cui è inserito un particolare architettonico che richiama la basilica dei SS. Nereo e Achilleo: il lato nord esterno della Chiesa con le vetrate e l’ingresso del suo porticato.

La terza tentazione sempre in Matteo (che corrisponde alla seconda di Luca) è richiamata dal diavolo, ora a destra, che mostra a Gesù una ricca città orientale con architetture simbolo di “tutti regni del mondo e con la loro gloria”: “se ti prostrerai tutti questi regni saranno tuoi”. 

Giusto per ricordare che le tentazioni Gesù sono una questione che caratterizza l’intera nostra vita, ci sembra importante trascrivere una parte del discorso di papa Francesco nell’Angelus del 10 marzo 2019 che riguardano proprio le tre tentazioni: “La prima, la strada dell’avidità di possesso. È sempre questa la logica insidiosa del diavolo. Egli parte dal naturale e legittimo bisogno di nutrirsi, di vivere, di realizzarsi, di essere felici, per spingerci a credere che tutto ciò è possibile senza Dio, anzi, persino contro di Lui. Ma Gesù si oppone dicendo: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”» (v. 4) [così come è stato trascritto alla base del dipinto].

La seconda tentazione: strumentalizzare Dio a proprio vantaggio. Al diavolo che, citando le Scritture, lo invita a cercare da Dio un miracolo eclatante, Gesù oppone di nuovo la ferma decisione di rimanere umile, rimanere fiducioso di fronte al Padre: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore tuo Dio”» (v. 12). E così respinge la tentazione forse più sottile: quella di voler “tirare Dio dalla nostra parte”, chiedendogli grazie che in realtà servono e serviranno a soddisfare il nostro orgoglio.

La terza tentazione è la strada della gloria umana: Il diavolo dice: “Se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo”. Si può perdere ogni dignità personale, ci si lascia corrompere dagli idoli del denaro, del successo e del potere, pur di raggiungere la propria autoaffermazione. E si gusta l'ebbrezza di una gioia vuota che ben presto svanisce. Per questo Gesù risponde: «Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai» (v. 8).      

                        

     (L. Bissoli)