L’Italia ferita, come curare l’albero malato della politica?

partiti-politici-italiani-de-gasperi“Su quale bilancia si pesa la vita di un uomo? Secondo quale ordine si tirano le somme, da cui risultano il guadagno e la perdita di questa vita, e appare chiaro il suo senso ultimo?” Con queste parole, il 4 Novembre 1945, Romano Guardini introduceva a Tubinga la commemorazione dei martiri della Rosa Bianca, gli studenti universitari fucilati su ordine del Tribunale del Reich per aver diffuso volantini in cui denunciavano con verità e coraggio la follia della guerra e le menzogne di Hitler (La rosa bianca, Morcelliana, Brescia 1994).

Guardini rispondeva alla domanda individuando un triplice criterio per misurare una vita: l’ordine delle cose materiali e dunque dell’onestà, del rispetto e della prudenza nel loro uso; quello dell’azione e dell’opera, e dunque del coraggio, della fortezza e della perseveranza nel perseguire gli scopi; e, infine, l’ordine dei beni spirituali e dunque dell’amore e della fede, del sacrificio e del dono di sé. I giovani della Rosa Bianca - ispirandosi al Vangelo come norma di vita - avevano dato senso e valore alla loro esistenza secondo questo triplice ordine, corrispondente a quello del vero, del bene e del bello. È a questa stessa impostazione che vorrei ispirarmi nell’osservare - al di fuori della mischia e con il senso della misura più alto possibile - la scena politica del nostro Paese, in questa stagione convulsa tanto sul piano interno, quanto su quello delle relazioni internazionali.

La verità è la prima misura su cui verificare un cuore e una vita: si può dire che la grandezza di uno spirito si misuri dal grado di verità che è capace di sopportare. La verità non ha bisogno di essere difesa:  si difende da se stessa. Chi si preoccupa troppo di difendere la verità, invece di testimoniarla nella pacatezza delle sue convinzioni, dimostra di credervi poco. Alla verità si corrisponde, si obbedisce: non ci si serve di essa, è la verità che va servita. Proprio così la verità libera dalla maschera, dalle apparenze, dalle false certezze. Gesù stesso ha voluto indicare la perfetta equivalenza di verità e libertà: “La verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Possiamo dire che quanti ci governano oggi siano testimoni della verità? Ci dà questa impressione la scena dei dibattiti parlamentari di questi giorni? Quanti  fra  gli  Italiani  potrebbero  affermare  con  certezza  che  coloro  li  governano  – espressione del loro voto – agiscano secondo una logica che non sia quella fatua dello scegliere ciò che è utile e fa piacere, ma quella profonda, segnata da scelte costose sul piano personale, nascoste agli occhi degli uomini, e per chi crede note al cuore di Dio? Di quale fra i personaggi della scena pubblica si potrebbe dire quanto Gesù dice di Natanaele: «Ecco davvero un uomo in cui non c’è falsità» (Gv 1,47)? Non il calcolo utilitaristico, non la  ricerca  dell’immagine,  non  il  chiasso  delle  apparenze,  ma  la  verità  deve  essere l’ispirazione profonda di chi intenda servire il bene comune e non servirsene.

La  bontà  è  il  secondo  criterio  di  misura  del  peso  e  del  valore  di  un  uomo: inseparabile dal vero, il bene ne è il volto operativo, l’irradiazione pratica, lo splendore che riscalda e conforta. Come  la Verità, così il  Bene è inseparabile dalle radici nascoste, dall’essere profondo: «Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni» (Mt 7,16-18). Di quanti politici è possibile pensare che siano come l’albero buono, che produce i suoi frutti nella fedeltà, perché sceglie di fare il bene anche quando questa scelta possa apparire improduttiva o perdente, testimoniando di preferire la forza della bontà e della benevolenza a ogni logica di potere e di affermazione di sé? E di quanti possiamo pensare che vogliano essere buoni, conservando il tratto che rende dolce la bontà: la simpatia? Il senso dell’umorismo, la cordialità, l’accoglienza del cuore, sono normalmente la riprova di un albero buono, che non ha bisogno di schermi o di difese, che dà i suoi frutti nell’umiltà e nella pace. E se non sempre è la stagione dei frutti, sia dato a ogni  cittadino  di  esercitare  realmente,  attraverso  un  sistema  elettorale  giusto,  quella sapienza del bene, che sa riconoscere ogni uomo nella sua stagione.

Infine, è il bello la misura di un’esistenza: non il bello esteriore, che incanta e acceca, ma quello profondo, rivelato nel segno dell’amore e del dono. In un testo stupendo Agostino afferma che colui che è “l’uomo dei dolori” (Is 53,2) è anche “il più bello tra i figli degli uomini” (Sal 45,3), e che ciò può spiegarsi soltanto con la chiave dell’amore: “Egli non aveva bellezza né decoro per dare a te bellezza e decoro. Quale bellezza? Quale decoro? L’amore della carità, affinché tu possa correre amando e amare correndo... Guarda a Colui dal quale sei stato fatto bello» (In Io. Ep., IX, 9). È qui che si può cogliere quale sia lo specifico di un politico cristiano: credere nel Dio crocifisso, affidarsi al Padre che consegna suo Figlio per noi, questa è la fede, questa la bellezza, anticipo di eternità.

In quanti dei nostri politici “cristiani” – quale che sia la loro appartenenza – traspare questa bellezza,  quest’amore?  Dov’è  lo  sguardo  sereno,  abbandonato  in  Dio  senza alcuna ostentazione, di un Alcide De Gasperi? Chi dei protagonisti dell’attuale scena politica passerà  al  vaglio  del  triplice  criterio  proposto  da  Guardini  per  misurare  il  valore  di un’esistenza vissuta? Lascio a ciascuno di rispondere a queste domande, se vorrà farlo. A me basta averle sollevate, per amore di tutti, guardando al bene comune della nostra Italia, sconcertata e ferita.

Bruno Forte - Il Sole 24 Ore, Domenica 10 Aprile 2011, 1 e 9