Ascensione
Già nel Credo di Nicea troviamo scritto che Gesù “è salito al cielo, siede alla destra del Padre”. Questo evento rappresenta il momento culminante dell’esistenza terrena di Cristo, il quale, quando sente vicino il momento dell’estremo sacrificio, compie una prima “ascensione” verso Gerusalemme. Recandosi alla Città Santa, “Gesù vede già la meta, il Cielo, ma sa bene che la via che lo riporta alla gloria del Padre passa attraverso la Croce, attraverso l’obbedienza al disegno divino di amore per l’umanità”. Per usare le parole del Catechismo della Chiesa Cattolica, “l’elevazione sulla croce significa e annuncia l’elevazione dell’ascensione al cielo” (n° 661). Allo stesso modo, anche nella nostra vita quotidiana di cristiani, dobbiamo ricordare che l’ingresso “nella gloria di Dio esige la fedeltà quotidiana alla sua volontà, anche quando richiede sacrificio” e ci costringe a “cambiare i nostri programmi”. È significativo che l’Ascensione sia avvenuta sul Monte degli Ulivi, lo stesso luogo in cui Gesù “si era ritirato in preghiera prima della passione per rimanere in profonda unione con il Padre”. Come afferma San Giovanni nella sua Prima Lettera, Gesù è il “nostro avvocato”, è colui che “ci difende sempre, ci difende dalle insidie del diavolo, ci difende da noi stessi, dai nostri peccati”. Per questo motivo non dobbiamo avere paura di “andare da Lui a chiedere perdono, a chiedere benedizione, a chiedere misericordia”. L’Ascensione ci mostra una realtà “consolante per il nostro cammino: in Cristo, vero Dio e vero uomo, la nostra umanità è stata portata presso Dio”. Affidandoci al Signore siamo sempre “in mani sicure”. Gesù è come un “capo-cordata” che ci conduce alla scalata verso la vetta della montagna, dove c’è Dio. Nonostante la definitiva separazione terrena dal Maestro, dopo l’Ascensione, i discepoli tornano a Gerusalemme “con grande gioia”. Hanno infatti compreso che “sebbene sottratto ai loro occhi, Gesù resta per sempre con loro, non li abbandona e, nella gloria del Padre, li sostiene, li guida e intercede per loro”. Narrando dell’Ascensione anche all’inizio degli Atti degli Apostoli, San Luca ci fa capire che questo evento “è come l’anello che aggancia e collega la vita terrena di Gesù a quella della Chiesa”. Quando poi Gesù ascende al cielo, seminascosto da una nube, appaiono “due uomini in vesti bianche che li invitano a non restare immobili a guardare il cielo, ma a nutrire la loro vita e la loro testimonianza della certezza che Gesù tornerà nello stesso modo con cui lo hanno visto salire al cielo (cfr At 1,10-11)”. È nella “contemplazione della Signoria di Cristo”, quindi, che possiamo trarre “la forza di portare e testimoniare il Vangelo nella vita di ogni giorno . Contemplare e agire, ora et labora insegna san Benedetto, sono entrambi necessari nella nostra vita di cristiani”. L’Ascensione, in definitiva, non indica “l’assenza di Gesù” ma ci rivela che “Egli è vivo in mezzo a noi in modo nuovo”, presente ovunque, “in ogni spazio e tempo, vicino ad ognuno di noi”.
"Partire è la parola chiave della festa dell’Ascensione, Gesù ritorna dal padre. Non è una separazione, egli rimane con noi in una forma nuova. La meta del nostro cammino è il padre. Gesù rimane operante, accanto a ciascuno di noi, c’è, ci accompagna, ci aiuta, è vicino ai cristiani perseguitati, è vicino a tutti noi. Il signore è sempre con noi. Il regalo che Gesù porta al Padre Sono le piaghe,”guarda Padre questo è il prezzo del perdono che tu dai”. Gesù ha pagato per noi con le sue piaghe che mostra al Padre. L’ultima parola che Gesù dice ai discepoli è andate, partite, andate in mezzo alla gente." ....
Papa Francesco
Omelia di Mons. Ferdinando Rivolta nella celebrazione dell'Ascensione
- Domenica 1 giugno 2014 -
L’Ascensione di Gesù al Cielo, è la grandiosa conclusione della permanenza visibile di Dio fra gli uomini, preludio della Pentecoste, inizia la storia della Chiesa e apre la diffusione del cristianesimo nel mondo. (di Antonio Borrelli)
Senso biblico del termine ‘Ascensione’
Secondo una concezione spontanea e universale, riconosciuta dalla Bibbia, Dio abita in un luogo superiore e l’uomo per incontrarlo deve elevarsi, salire.
L’idea dell’avvicinamento con Dio, è data spontaneamente dal monte e nell’Esodo (19,3), a Mosè viene trasmessa la proibizione di salire verso il Sinai, che sottintendeva soprattutto quest’avvicinamento al Signore; “Delimita il monte tutt’intorno e dì al popolo; non salite sul monte e non toccate le falde. Chiunque toccherà le falde sarà messo a morte”.
Il comando di Iavhè non si riferisce tanto ad una salita locale, ma ad un avvicinamento spirituale; bisogna prima purificarsi e raccogliersi per poter udire la sua voce. Non solo Dio abita in alto, ma ha scelto i luoghi elevati per stabilirvi la sua dimora; anche per andare ai suoi santuari bisogna ‘salire’.
Così lungo tutta la Bibbia, i riferimenti al ‘salire’ sono tanti e continui e quando Gerusalemme prende il posto degli antici santuari, le folle dei pellegrini ‘salgono’ festose il monte santo; “Ascendere” a Gerusalemme, significava andare a Iavhè, e il termine, obbligato dalla reale posizione geografica, veniva usato sia dalla simbologia popolare per chi entrava nella terra promessa, come per chi ‘saliva’ nella città santa.
Nel Nuovo Testamento, lo stesso Gesù ‘sale’ a Gerusalemme con i genitori, quando si incontra con i dottori nel Tempio e ancora ‘sale’ alla città santa, quale preludio all’”elevazione” sulla croce e alla gloriosa Ascensione.
I testi che segnalano l’Ascensione
I Libri del Nuovo Testamento contengono sporadici accenni al mistero dell’Ascensione; i Vangeli di Matteo e di Giovanni non ne parlano e ambedue terminano con il racconto di apparizioni posteriori alla Resurrezione.
Marco finisce dicendo: “Gesù… fu assunto in cielo e si assise alla destra di Dio” (XVI, 10); ne parla invece Luca: “Poi li condusse fin verso Betania, e alzate le mani, li benedisse. E avvenne che nel benedirli si staccò da loro e fu portato verso il cielo” (XXIV, 50-51).
Ancora Luca negli Atti degli Apostoli, attribuitigli come autore sin dai primi tempi, al capitolo iniziale (1, 11), colloca l’Ascensione sul Monte degli Ulivi, al 40° giorno dopo la Pasqua e aggiunge: “Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato tra di voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.
Gli altri autori accennano solo saltuariamente al fatto o lo presuppongono, lo stesso s. Paolo pur conoscendo il rapporto tra la Risurrezione e la glorificazione, non si pone il problema del come Gesù sia entrato nel mondo celeste e si sia trasfigurato; infatti nelle varie lettere egli non menziona il passaggio dalla fase terrestre a quella celeste.
Ma essi ribadiscono l’intronizzazione di Cristo alla destra del Padre, dove rimarrà fino alla fine dei secoli, ammantato di potenza e di gloria; “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove Cristo sta assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra; siete morti infatti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!” (Colossesi, 3, 1-3).
I dati storici dell’Ascensione
Luca, il terzo evangelista, negli “Atti degli Apostoli” specifica che Gesù dopo la sua passione, si mostrò agli undici apostoli rimasti, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio; bisogna dire che il numero di ‘quaranta giorni’ è denso di simbolismi, che ricorre spesso negli avvenimenti del popolo ebraico errante, ma anche con Gesù, che digiunò nel deserto per 40 giorni.
San Paolo negli stessi ‘Atti’ (13, 31) dice che il Signore si fece vedere dai suoi per “molti giorni”, senza specificarne il numero, quindi è ipotesi attendibile, che si tratti di un numero simbolico.
L’Ascensione secondo Luca, avvenne sul Monte degli Ulivi, quando Gesù con gli Apostoli ai quali era apparso, si avviava verso Betania, dopo aver ripetuto le sue promesse e invocato su di loro la protezione e l’assistenza divina, ed elevandosi verso il cielo come descritto prima (Atti, 1-11).
Il monte Oliveto, da cui Gesù salì al Cielo, fu abbellito da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino con una bella basilica; verso la fine del secolo IV, la ricca matrona Poemenia edificò un’altra grande basilica, ricca di mosaici e marmi pregiati, sul tipo del Pantheon di Roma, nel luogo preciso dell’Ascensione segnato al centro da una piccola rotonda.
Poi nelle alterne vicende che videro nei secoli contrapposti Musulmani e Cristiani, Arabi e Crociati, alla fine le basiliche furono distrutte; nel 1920-27 per voto del mondo cattolico, sui resti degli scavi fu eretto un grandioso tempio al Sacro Cuore, mentre l’edicola rotonda della chiesa di Poemenia, divenne dal secolo XVI una piccola moschea ottagonale.
Il significato dell’Ascensione
San Giovanni nel quarto Vangelo, pone il trionfo di Cristo nella sua completezza nella Resurrezione, e del resto anche gli altri evangelisti dando scarso rilievo all’Ascensione, confermano che la vera ascensione, cioè la trasfigurazione e il passaggio di Gesù nel mondo della gloria, sia avvenuta il mattino di Pasqua, evento sfuggito ad ogni esperienza e fuori da ogni umano controllo.
Quindi correggendo una mentalità sufficientemente diffusa, i testi evangelici invitano a collocare l’ascensione e l’intronizzazione di Gesù alla destra del Padre, nello stesso giorno della sua morte, egli è tornato poi dal Cielo per manifestarsi ai suoi e completare la sua predicazione per un periodo di ‘quaranta’ giorni.
Quindi l’Ascensione raccontata da Luca, Marco e dagli Atti degli Apostoli, non si riferisce al primo ingresso del Salvatore nella gloria, quanto piuttosto l’ultima apparizione e partenza che chiude le sue manifestazioni visibili sulla terra.
Pertanto l’intento dei racconti dell’Ascensione non è quello di descrivere il reale ritorno al Padre, ma di far conoscere alcuni tratti dell’ultima manifestazione di Gesù, una manifestazione di congedo, necessaria perché Egli deve ritornare al Padre per completare tutta la Redenzione: “Se non vado non verrà a voi il Consolatore, se invece vado ve lo manderò” (Giov. 16, 5-7).
Il catechismo della Chiesa Cattolica dà all’Ascensione questa definizione: “Dopo quaranta giorni da quando si era mostrato agli Apostoli sotto i tratti di un’umanità ordinaria, che velavano la sua gloria di Risorto, Cristo sale al cielo e siede alla destra del Padre. Egli è il Signore, che regna ormai con la sua umanità nella gloria eterna di Figlio di Dio e intercede incessantemente in nostro favore presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e ci dà la speranza di raggiungerlo un giorno, avendoci preparato un posto”.
La celebrazione della festa liturgica e civile
La prima testimonianza della festa dell’Ascensione, è data dallo storico delle origini della Chiesa, il vescovo di Cesarea, Eusebio (265-340); la festa cadendo nel giovedì che segue la quinta domenica dopo Pasqua, è festa mobile e in alcune Nazioni cattoliche è festa di precetto, riconosciuta nel calendario civile a tutti gli effetti.
In Italia previo accordo con lo Stato Italiano, che richiedeva una riforma delle festività, per eliminare alcuni ponti festivi, la CEI ha fissato la festa liturgica e civile, nella domenica successiva ai canonici 40 giorni dopo Pasqua.
Al giorno dell’Ascensione si collegano molte feste popolari italiane in cui rivivono antiche tradizioni, soprattutto legate al valore terapeutico, che verrebbe conferito da una benedizione divina alle acque (o in altre regioni alle uova).
A Venezia aveva luogo una grande fiera, accompagnata dallo ‘Sposalizio del mare’, cerimonia nella quale il Doge a bordo del ‘Bucintoro’, gettava nelle acque della laguna un anello, per simboleggiare il dominio di Venezia sul mare; a Bari la benedizione delle acque marine, a Firenze si celebra la ‘Festa del grillo’.
L’Ascensione nell’arte
Il racconto scritturale dell’Ascensione di Gesù Cristo e la celebrazione liturgica di questo mistero, ispirarono numerose figurazioni, che possiamo trovare in miniature di codici famosi, fra tutti l’Evangeliario siriano di Rabula nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, e in mosaici ed avori a partire dal sec. V.
Il tema dell’Ascensione, si adattò bene al ritmo verticaleggiante dei timpani, sovrastanti le porte delle chiese romaniche e gotiche; esempio insigne il timpano della porta settentrionale della cattedrale di Chartres (XII sec.).
Ma la rappresentazione, raggiunse notevole valore artistico con Giotto (1266-1337) che raffigurò l’Ascensione nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Si ricorda inoltre un affresco di Buffalmacco (XIII sec.) nel Camposanto di Pisa; una terracotta di Luca Della Robbia (1400-1482) nel Museo Nazionale di Firenze; un affresco di Melozzo da Forlì († 1494) ora nel Palazzo del Quirinale a Roma; una tavola del Mantegna (1431-1506) a Firenze, Galleria degli Uffizi; una pala del Perugino († 1523) ora nel Museo di Lione; il noto affresco del Correggio († 1534) nella cupola della Chiesa di S. Giovanni a Parma; l’affresco del Tintoretto († 1594) nella Scuola di S. Rocco a Venezia; ecc.
In un’ampolla del tesoro del Duomo di Monza, Cristo ascende in cielo, secondo una tipica iconografia orientale, assiso in trono; in altre raffigurazioni Egli ascende al Cielo fra uno stuolo di Angeli, di fronte agli sguardi estatici degli Apostoli e della Vergine.