La parola di Novembre
Carissimi,
nei giorni scorsi si è conclusa a Roma la sessione del Sinodo dei Vescovi, presieduta da Papa Francesco. Ne hanno parlato i giornali e i servizi televisivi. Avremo certamente modo di tornarvi anche noi. Ma oggi volevo soffermarmi con voi sulla quarta Lettera Enciclica di Papa Francesco intitola Dilexit nos dedicata all’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo, pubblicata il 24 ottobre u.s. https://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/do cuments/20241024-enciclica-dilexit-nos.html
Il testo a stampa si può facilmente trovare anche alla nostra “Buona Stampa”.
Alla conferenza stampa di presentazione, mons. Bruno Forte ha detto che quest’ultima enciclica nasce dall’esperienza spirituale del pontefice, segnata dal dramma delle troppe sofferenze prodotte dalle guerre e dalle violenze che ci sono nel mondo e desiderosa di farsi vicina a chi soffre proponendo il messaggio dell’amore divino che viene a salvarci. Il cuore è il simbolo dell’amore di Gesù. In un’epoca dove si sta smarrendo il senso della propria esistenza, ne va recuperata l’importanza, perché il suo significato è tuttora valido.
Queste le prime parole del testo: «Ci ha amati, dice San Paolo riferendosi a Cristo (Rm 8,37), per farci scoprire che da questo amore nulla “potrà mai separarci” (Rm 8,39). Paolo lo affermava con certezza perché Cristo stesso aveva assicurato ai suoi discepoli: “Io ho amato voi” (Gv 15,9.12). Ci ha anche detto: “Vi ho chiamato amici” (Gv 15,15). Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: “Egli ci ha amati per primo” (cfr 1 Gv 4,10). Grazie a Gesù “abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi” (1 Gv 4,16)». L’enciclica si divide poi in cinque sezioni: L’importanza del cuore; Gesti e parole d’amore; Questo è il cuore che ha tanto amato; L’amore che dà da bere; Amore per amore.
Inizia col definire il cuore, centro unificatore della persona, e sottolineando la sua rilevanza alla luce della fede. Adorando il Sacro Cuore di Gesù non contempliamo solo una parte di Cristo, ma l’intero Figlio di Dio fatto uomo da un Padre che non ci ama solo a parole, ma standoci vicino. Questa devozione ci aiuta a mettere al centro di tutto l’amore, allontanandoci dalla tendenza di dimenticarsi la tenerezza della fede. Per questo è importante continuare a riproporre la buona novella dell’amore del Signore, perché ricorda a tutti la fraternità che ci unisce davanti a Lui e l’amore che cambia la vita di chiunque voglia accoglierlo in sé. «Il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo», scrive il Papa, e il frutto più profondo della devozione a esso è di farci sentire amati da Gesù e resi capaci di amare in unione al suo cuore umano e divino.
Il primo capitolo, “L’importanza del cuore”, spiega perché occorre “ritornare al cuore” in un mondo nel quale siamo tentati di “diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato” (2). È il cuore “che unisce i frammenti” e rende possibile “qualsiasi legame autentico, perché una relazione che non è costruita con il cuore è incapace di superare la frammentazione dell’individualismo” (17). E il mondo può cambiare “a partire dal cuore” (28).
Il secondo capitolo si sofferma sui gesti e sulle parole d’amore di Cristo, mentre il terzo “Questo è il cuore che ha tanto amato” spiega come la Chiesa rifletta e abbia riflettuto “sul santo mistero del Cuore del Signore”. Il Papa sottolinea che “la devozione al Cuore di Cristo è essenziale per la nostra vita cristiana in quanto significa l’apertura piena di fede e di adorazione al mistero dell’amore divino e umano del Signore, tanto che possiamo affermare ancora una volta che il Sacro Cuore è una sintesi del Vangelo” (83). Di qui l’invito a rinnovare la devozione al Cuore di Cristo anche per contrastare “nuove manifestazioni di una ‘spiritualità senza carne’ che si moltiplicano nella società” (87). È necessario tornare alla “sintesi incarnata del Vangelo” (90) davanti a “comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di Vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti” (88).
Negli ultimi due capitoli, il Pontefice mette in luce i due aspetti che “la devozione al Sacro Cuore dovrebbe tenere uniti per continuare a nutrirci e ad avvicinarci al Vangelo: l’esperienza spirituale personale e l’impegno comunitario e missionario” (91). Nel quarto, “L’amore che dà da bere”, rilegge le Sacre Scritture, e con i primi cristiani, riconosce Cristo e il suo costato aperto in “colui che hanno trafitto” che Dio riferisce a se stesso nella profezia del libro di Zaccaria. Diversi Padri della Chiesa hanno menzionato “la ferita del costato di Gesù come origine dell’acqua dello Spirito”, in primis Sant’Agostino, che “ha aperto la strada alla devozione al Sacro Cuore come luogo di incontro personale con il Signore” (103). Tra i devoti, l’Enciclica ricorda San Francesco di Sales, Santa Margherita Maria Alacoque, Santa Teresa di Lisieux, Santa Faustina Kowalska, San Giovanni Paolo II. Al termine della lettera, nella quale si citano più volte grandi voci nella storia della fede che hanno dato importanza al cuore, Francesco sottolinea il suo legame con le encicliche precedenti: «Ciò che questo documento esprime ci permette di scoprire che quanto è scritto nelle Encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti non è estraneo al nostro incontro con l’amore di Gesù Cristo, perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune».
Allora, non mi resta che augurare una buona lettura e meditazione di questa enciclica Dilexit nos !
- don Gianluigi