La parola di Giugno

parola-mese Carissimi,  

”Siete miei amici”, è il motto che hanno scelto in vista dell’ordinazione sacerdotale i 17 giovani diaconi della nostra Diocesi ambrosiana. Si tratta di un passo del Vangelo di Giovanni (15,14) col quale vogliono dirci non solo del loro rapporto di amicizia con Gesù, ma anche del primato che ha avuto il Signore nella loro vita: “… non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. Per vie diverse, originali, a volte imprevedibili l’amicizia con Gesù è andata crescendo nella loro vita spirituale fino a portarli a dire un “sì” definitivo di fronte alla chiesa e al Signore.

Scrivono i 17 “candidati”: Il Signore Gesù ci comanda di amare come lui ci ha amato. In questi anni di formazione nel Seminario della Diocesi di Venegono Inferiore, ci siamo incamminati nella via della sequela del suo amore e tante volte ci siamo scontrati con la fatica della concretezza, al di là delle belle intenzioni, nel vivere l’agàpe tra di noi. Noi non vogliamo che l’amore sia soltanto una bella parola, astratta e disincarnata, noi vogliamo amare “sino alla fine”.

Abbiamo appreso che l’unico fondamento solido delle relazioni umane è il fatto che Gesù stesso abbia detto ad ognuno di noi: “Sei mio amico”. Lui ci ha scelti nel mistero della sua volontà, attraverso la sua Chiesa e questo basta per riconoscerci, oltre l’umana capacità di amare, degni di stima, di fiducia e di affetto fraterno.

A partire da questo amore di Dio per noi e da questa amicizia tra noi, non certo perfetta, ma concreta, fatta di volti, di sorrisi e di ferite, noi vogliamo annunciare l’amore e l’amicizia di Cristo per la sua Chiesa e per ogni uomo e donna.

L’8 giugno verranno, dunque, ordinati sacerdoti per la nostra grande Diocesi dall’Arcivescovo, Sua Ecc. Mons. Mario Delpini. Nel 1980, quando in Duomo Carlo Maria Martini mi ha consacrato sacerdote, la mia classe era composta di ben 44 giovani e già allora si diceva che eravamo diminuiti rispetto alle classi degli anni ’50 (quelle del mio predecessore Mons. Ferdinando Rivolta) che raggiungevano addirittura i 90 sacerdoti “novelli” ogni anno. La scarsità del clero è ormai una nota ricorrente quando si parla di Parrocchie che uniscono le forze in Comunità pastorali.

Questi 17 giovani sacerdoti saranno per lo più impegnati nella pastorale giovanile presso gli Oratori della Diocesi dove saranno chiamati a trasmettere con gioia ed entusiasmo la bellezza della fede, cioè dell’incontro con Gesù che dà senso e valore alla vita di ogni uomo.

Lo scopo per cui la Chiesa continua a sostenere gli Oratori inviando anche questi sacerdoti “novelli” non è, infatti, primariamente quello di offrire un servizio sociale alle famiglie di assistenza ai bambini e ai ragazzi, specie nei mesi estivi, ma quello di trasmettere la bellezza di un’esperienza di fede vissuta.

La fonte del sacerdozio, infatti, è Cristo stesso, mediatore tra Dio e gli uomini, partecipe tanto della realtà divina quanto di quella umana, secondo la teologia della lettera agli Ebrei (5,1). Uniti a Cristo, i sacerdoti sono chiamati a essere esperti delle cose di Dio e partecipi delle vicende umane, prossimi agli uomini in ogni fase della loro vita nell’esercizio stesso del ministero, a loro volta “mediatori”, non meri “intermediari”, come ha ricordato Papa Francesco, in quanto «il mediatore perde sé stesso per unire le parti, dà la vita, sé stesso, il prezzo è quello: la propria vita, paga con la propria vita, la propria stanchezza, il proprio lavoro» (meditazione mattutina a Santa Marta, 9 dicembre 2016).

Il sacerdote poi ha come dice la liturgia «il dovere di una sublime santità», di una vita cioè conforme alle esigenze del ministero, che dia credibilità alle parole e alle opere, perché un predicatore che non si sforzi di confermare con l’esempio della vita la verità che annuncia, distruggerebbe con una mano quello che sta edificando con l’altra.

La bellezza del sacerdozio sta nell’essere un dono per la Chiesa e per il mondo e i chiamati devono vivere con entusiasmo e gioia il loro esigente ministero, nella duplice relazione con Dio e con l’umanità, poiché, come ha scritto Papa Francesco, «il Signore è Colui che ci trasforma, che si serve di noi come del pane, prende la nostra vita nelle sue mani, ci benedice, ci spezza e ci condivide e ci dà al suo popolo» (Lettera ai sacerdoti della diocesi di Roma, 31 maggio 2020).

Concludo con le parole del Rettore del Seminario, don Enrico Castagna: … in un tempo segnato da forme di individualismo, il testimone di Gesù apparirà come un uomo che predilige il “noi” della fraternità, all’”io” isolato. Il segno grande della Pasqua di Gesù è la fraternità cristiana, è la Chiesa, dono da accogliere, comunità da edificare. Il testimone di Gesù apparirà, dunque, come servo della comunione ad ogni livello; sarà propenso a portare il peso dell’altro, a ricercarlo, a valorizzarlo. Mentre invochiamo il dono dello Spirito promesso sui nostri candidati chiediamo che siano, come preti, testimoni della novità della Pasqua in questo nostro tempo.

  •                                                                                                                          don Gianluigi