Sentinelle del futuro

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Cari giovani, sentinelle del futuro

“Scrivo a voi, giovani, perché... siete forti e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno. Non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui… E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!”(1 Gv 2, 13ss).

Provo a dire come immagino i giovani creatori del mondo che verrà, partendo da una immagine biblica, che si trova nel libro dei Numeri (cap. 13), dove si narra degli esploratori mandati da Mosè a visitare la terra promessa. Ritornando, essi portano il grappolo d’uva, il melograno e il fico, e raccontano quello che hanno visto, trasmettendo una tale emozione, che tutto il popolo decide di affrontare il rischio e di entrare in quel Paese dove abitano i giganti. È l’immagine di quanto dovrebbero fare i giovani di fronte alla crisi in cui ci troviamo. Come gli esploratori, i giovani non sono i capi del popolo, non sono né Mosè, né Aronne; essi non sono neanche i sacerdoti o i leviti, e neppure la grande massa costituita dalle famiglie, dagli anziani, dai bambini. I giovani sono per loro natura gli esploratori, mandati a scoprire il futuro di tutti.

Chi entrerà nella terra promessa, chi la vedrà e la farà sua? Chi ne intuisce già i tratti, ne avverte il sapore e il profumo? Siete Voi, giovani! Voi siete le sentinelle del mattino, che annunciano con i loro sogni e le loro attese il giorno che verrà. Voi siete i primi destinatari del sì che Dio non si stanca di dire al mondo. Voi anticipate il futuro, ce lo fate assaggiare. Chi sta a contatto con voi e sa ascoltarvi, riceve una carica stupefacente di giovinezza e di speranza. Mi chiedo, allora, quali caratteristiche dovrete avere per essere veri esploratori della terra promessa. Come agli inviati del libro dei Numeri, è chiesto a voi di raccontare un mondo ai più sconosciuto: dovete essere dei narratori! Narrare non significa aver capito tutto o voler spiegare tutto. Narrare vuol dire comunicare un’esperienza vissuta in maniera così intensa, da risultare contagiosa di futuro. È questo che è giusto aspettarsi da voi: che ci aiutiate a conoscere, attraverso i vostri racconti, che sono i vostri sogni, le vostre attese, le vostre speranze, un mondo che per tanti aspetti non conosciamo, quello che condividete ogni giorno nelle scuole, negli ambienti di vita, con i vostri amici, con quanti sanno dialogare con voi. Da questo mondo gli adulti spesso sono distanti, incapaci di capirlo. È evidente, peraltro, che non si può imparare la lingua degli altri senza conoscerli. Chi conosce la lingua dei giovani, chi esplora il mondo che deve venire, siete anzitutto voi. Perciò, noi adulti abbiamo bisogno di voi, perché senza di voi non potremo parlare al futuro; è grazie a voi, se accettate di coinvolgervi nell’avventura di sognare insieme e di organizzare la speranza, che anche noi potremo parlare al domani e costruirlo con voi.

Oltre a essere i narratori della speranza, i giovani, come gli esploratori della terra di Canaan, sono chiamati a considerare lucidamente le sfide della conquista. Quando presentano il melograno, il fico e l’asta con i grappoli d’uva, gli esploratori lo fanno per dire: “Guardate che bello, questi sono i frutti della terra promessa”, una terra di cui si sono innamorati. Essi descrivono qualcosa per cui vale la pena di rischiare. Vorrei dire allora ai giovani: non narrateci l’ovvio, lo scontato; narrateci, invece, quello che nella vita vi fa sognare. Narrateci le vostre speranze, i vostri desideri; siate i trasmettitori di un’esperienza che solo l’amore dischiude, perché solo se si guarda con amore la terra della promessa di Dio, si può anche vedere il grappolo d’uva, il melograno e il fico.

Aiutateci a sognare con voi un sogno anche arduo, ma possibile! Proprio per questo, come fecero gli esploratori della terra promessa, non tacete a voi stessi e agli altri le difficoltà dell’impresa. Il vostro sogno sia a occhi aperti, tanto da risultare interprete lucido della realtà! Bisogna scommettere sulle vostre capacità: non dobbiamo solo chiedervi di trasmetterci un’emozione, ma anche di aiutarci a pensare, di proporci delle sfide, di farci valutare senza ambiguità le difficoltà dell’impresa. Nella terra promessa ci sono i giganti, le grandi agenzie che puntano solo al profitto e non esitano a sacrificare ad esso i più deboli, a cominciare dai giovani! Non si può, né si deve tacere sulledifficoltà, le sfide, le prove che vanno affrontate. Amare i giovani significa chiedere loro sacrifici sensati, impegnarli a prepararsi, a studiare, a esercitarsi nel dono di sé. Guai a stimolarli solo a fare bella figura, ad apparire! I giovani vanno educati e devono educarsi a capire i problemi, a esaminarli e ad affrontarli insieme con gli altri, a lavorare sodo per superarli.

Da questo consegue una svolta decisiva: da semplici destinatari, i giovani devono farsi protagonisti e interlocutori attivi. Qui c’è il nuovo cui aprirsi: normalmente si parla dei giovani, si progetta sui giovani, ma i giovani non ci sono. Come vorrei stimolare tutti, specialmente gli adulti e quanti hanno responsabilità di azione, ad ascoltare seriamente il mondo dei giovani, con mente lucida e cuore aperto! Ai giovani, perché siano protagonisti del domani, è chiesto di sentirsi caricati di un invio, coscienti di una responsabilità, portatori di speranza e di fede, innamorati della bellezza che salverà il mondo. C’è bisogno di giovani luminosi, capaci di guardare agli altri non con indifferenza, ma con attenzione d’amore, col desiderio di contagiare tutti del loro sogno, pronti a pagare il prezzo necessario perché il sogno divenga realtà. C’è bisogno di giovani che amino i deboli e i poveri, che regalino un po’ del loro tempo agli altri, che non si risparmino nel prepararsi seriamente al domani, che adorino Dio e non si chiudano mai alle Sue sfide e alle Sue sorprese. È quello che auguro a tutti i giovani, perché sia fecondo il loro cammino verso un futuro più giusto e più bello per tutti e ognuno di loro realizzi il sogno che Dio ha sulla sua vita. È quello che auguro a tutti, convinto come sono che la vittoria della vita sulla morte nella Pasqua di Gesù è speranza offerta a ciascuno, dono che non esclude nessuno dalla possibilità di un nuovo inizio e di un nuovo futuro di giustizia che liberi e di amore che salvi.

Bruno Forte
Arcivescovo di Chieti-Vasto

Il Centro, Domenica 20 Marzo 2014