Introduzione
Con il vocabolo “icona” si indica un particolare genere di dipinto sacro, eseguito su tavola di legno secondo i dettami di una tradizione e tecnica risalenti ai primi secoli del cristianesimo (già prima del V secolo) nei territori del vasto impero bizantino che ha saputo creare e custodire, sino ai nostri giorni, opere di umana devozione e di profondo contenuto spirituale. Come è noto, i luoghi di culto del cristianesimo orientale hanno nell’icona il loro ornamento principale e nelle case private l’icona non è solo “un quadro”, ma è oggetto di venerazione per l’intera famiglia che la possiede, talvolta tramandata da una generazione all’altra.
La tradizione vuole far risalire l’origine delle icone al primo ritratto della Vergine Maria dipinto secondo la tradizione dall’evangelista San Luca; questa icona anticamente era conservata in una chiesa di Costantinopoli posta sulla via “del condottiere” (τον οδιγόν) e per questo definita col nome di “Odighitria” (οδιγίτρια) dalla citata ubicazione del santuario (che in greco significa “colei che indica la via”). Ogni vera icona di norma è dominata dal volto del personaggio/i raffigurato che irraggia luce divina (per questo le aureole sono sempre d’oro) perché è da lì che il pittore inizia a “scrivere” il tema che vuole trasmettere.
La singolarità dell’icona consiste nel tendere a voler raffigurare attraverso le immagini ciò che va oltre le immagini stesse, il trascendente; l’icona ha la pretesa di rendere evidente lo spirito, di dare volto all’invisibile. L’icona accomuna nel suo linguaggio la sensibilità dell’uomo dell’occidente come dell’oriente cristiano e ha così valenza ecumenica[1].
Tre sono i canoni fondamentali delle icone in genere:
1) L’assenza di luce naturale: nell’icona non c’è ombra o chiaroscuro. Le sottolineature d’oro soprattutto nelle aureole stanno sempre a significare una luce soprannaturale.
2) La prospettiva è rovesciata perché le linee si dirigono in senso inverso rispetto a chi guarda, cioè non verso un ideale punto di fuga dietro il quadro, ma piuttosto verso un punto esterno che avvicina le linee a chi sta guardando.
3) La posizione delle figure, degli oggetti, e la loro grandezza sono relative al valore delle persone raffigurate o delle cose.
I cicli di icone sono due, uno per la parete destra guardando l'altare per la Quaresima
l'altro per la parete sinistra per l'Avvento.
In entrambi i casi la prima icona corrisponde alla prima domenica di Quaresima o avvento e sono collocate in fondo alla Basilica. La sesta domenica sia di Quaresima che di Avvento è quella più vicina all'altare, dove si compie il mistero della nascita e della morte/risurrezione del Signore.
[1] In Europa occidentale l’iconografia per un millennio è rimasta sostanzialmente quella di tipo bizantino e cioè fino a Duccio di Boninsegna (1255-1318) e a Giotto (1267-1337). Dopo loro in occidente con Paolo Uccello (1397-1475) e con Leon Battista Alberti (1404-1472) si è cominciato a introdurre la prospettiva della profondità e il chiaroscuro naturalistico, scelte che produrranno i migliori frutti nel rinascimento italiano, ma che – secondo alcuni – faranno perdere alle raffigurazioni gran parte dell’aura del sacro.