L’INGRESSO TRIONFALE DI GESU’ A GERUSALEMME
Premessa
Eccoci a presentare il quinto dipinto di Iulian Rosu che rappresenta l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, che è narrato da tutti e quattro gli evangelisti: Mt 21,1-9; Mc 11,1-11; Lc 19,28-38 e Gv 12,12-19.
Quest’anno nella settimana che precede la Domenica delle Palme, sono avvenuti però due fatti che meritano d’essere ricordati.
Il primo. L’ampio dipinto, prima di essere collocato nel previsto spazio sulla parete di sinistra dedicata all’Avvento [1], è stato applicato provvisoriamente su una grande struttura di ferro e legno e collocato all’interno della basilica in contro facciata. Questo per consentire ai fedeli di potersi avvicinare all’icona, rendersi conto delle reali dimensioni (5mt x 4) e vedere con cura e gustare appieno l’affascinante mondo creato da Rosu. Una scelta che possiamo considerare educativa e che certamente ha consentito di scoprire la Bellezza, essere più partecipi e condividere il progetto in corso. Una scelta coerente anche con la Domenica delle Palme.
Va inoltre rimarcato il sostegno di tanti collaboratori della Parrocchia che offrono, dobbiamo dire con gioia e condivisione, al pittore.
Il secondo. Tra le figure che accolgono Cristo alle mura di Gerusalemme, vediamo una donna anziana, dal viso dipinto accuratamente e non secondo le regole dell’arte bizantina. Come mai? È stato un omaggio a sorpresa del pittore al suo committente: riproduce, infatti, il viso della mamma di don Panzeri.
Note tecniche
Com’è già stato posto l'accento dai vari articoli pubblicati nel corso del mese di marzo 2021 da diverse testate milanesi a partire dal Corriere della Sera e, in particolare, nell’articolo di Luca Frigerio nell’inserto diocesano di Avvenire di domenica 21, che nel titolo precisa: “nuovi colori illuminano la basilica del card. Schuster”, dobbiamo dire che è davvero così. La sobrietà cromatica dell’interno della basilica, interrotta un po’ timidamente dai colori dei dipinti di Vanni Rossi nel presbiterio e delle navate laterali, è indubbiamente sospesa dall’accesa e brillante cromia dei colori stesi da Iulian Rosu che rimane fedele alla tradizione bizantina. Una fedeltà che è segno di un'appartenenza meditata. Il suo estro non è però “ingabbiato” e si esprime senza rigidità, con libera fantasia inventiva, aspetti tutti attentamente curati perché, l’artista con la vicinanza di don Panzeri, non dimentica che il suo lavoro è al servizio della fede e deve essere precisa catechesi. Il suo è un modo affascinante di “dire Dio con l’arte” (un'azzeccata definizione di don Pierluigi Lia).
Presentazione della grande icona
Cerchiamo ora di “leggere” questa icona, nuovo arricchimento decorativo e catechetico per la basilica. È dipinto un ambiente con particolari interessanti che arricchiscono la scena. La figura di Gesù è la più imponente e maestosa.
Sullo sfondo sono dipinte le abituali, aspre e taglienti montagne che sono tuttavia ricche di alberi con luminose foglie, come se anche la natura volesse partecipare alla gioia dell’arrivo di Gesù. Si tratta della rappresentazione del monte degli ulivi. All’estrema destra vediamo una costruzione protetta da un muro che è decorato da una croce greca (con le quattro braccia d'identica dimensione) inserita in un cerchio scuro. Ovviamente gli edifici di Gerusalemme non avevano tale decorazione, ma è qui rinnovato il collegamento storico e di fede tra il Tempio di Gerusalemme e la basilica dei SS Nereo e Achilleo che ritroviamo in ogni icona sin qui realizzata. Tale decorazione si trova, infatti, nell’articolata recinzione a muro con caratteristici pilastri a torre che circonda l’area della basilica milanese.
Alla sinistra di Gesù il gruppo degli apostoli in cui riconosciamo Pietro e, stranamente, anche l’apostolo Paolo con l’abito azzurro, la barba a punta e lunghi capelli. È un’evidente forzatura storica voluta. Paolo non ha mai incontrato e conosciuto Gesù in vita, ma Iulian è certo che Saulo, dopo la conversione, ebbe modo di rivivere, come dovremmo fare anche noi, ogni momento della vita del maestro.
Vediamo anche l’evangelista Giovanni che stende a terra, umilmente, il suo mantello quasi spogliandosi così del suo “io”. Al centro Gesù, con l’abituale veste regale, tiene nella mano sinistra il rotolo del Vangelo. Monta un puledro d’asina, dal grigio pelo e dall’aspetto mite che partecipa alla festa tenendo in bocca un ramo d’ulivo, dal cui frutto si ottiene, come ben sappiamo, l’olio che secondo la tradizione ebraica si usa per ungere i re. Non c’è nulla di trionfale nell’arrivo di Gesù. Non è voluto arrivare a cavallo come usano fare i trionfatori a dimostrazione della loro potenza e forza nella guerra. Preferisce presentarsi su un asino come facevano gli antichi re d’Israele (Genesi 49,11). Si manifesta come il Messia, il Principe della pace che nulla impone. Ha un gesto di benedizione verso chi, alle porte della città, lo attende e lo acclama dicendo: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Opportuno ricordare che era appena avvenuta la risurrezione di Lazzaro e la gente desiderava incontrare e fare festa a Gesù. Chi è attento osservatore avrà notato che la veste di Gesù (rossa) e il mantello blu, con una decorazione a forma di croce, sono dipinte in modo identico nei dipinti che rappresentano l’unzione a Betania, la risurrezione di Lazzaro e la guarigione del cieco nato. Come mai questo? È una precisa catechesi! Il rosso della veste e la croce dipinta sul mantello ci ricordano che Gesù ha iniziato il suo andare verso Gerusalemme dove sarebbe stato crocifisso. Le scene rappresentate sono sì un momento di gioia, ma come detto da papa Francesco nell’omelia della S. Messa del Crisma il 3 di aprile “l’ora dell’annuncio gioioso e l’ora della persecuzione vanno insieme… è una croce che salva… che sconfigge il male”. Una croce quindi da abbracciare!
Tra chi lo attende, vediamo una bambina che agita un ramo di palma [2] e un ragazzino che pone ai piedi dell’asinello la sua migliore veste, offrendo ciò che ha, forse, di più prezioso. Notiamo che tra le figure del popolo che acclama Gesù, c’è in fondo, anche un fariseo che non agita alcuna palma. Un’ultima osservazione: gli apostoli e Gesù non portano i calzari come invece gli abitanti di Gerusalemme, perché il Profeta Isaia scrisse Come sono belli i piedi del messaggero che annuncia la pace,
del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, che dice a Sion: «Regna il tuo Dio» (52,7).
[1] La pagina evangelica dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme nel rito Ambrosiano si legge nella 4^ domenica d’Avvento, nell’anno A il racconto di Matteo, nell’anno B quello di Marco e nell’anno C quello di Luca.
[2] L’uso delle palme come gesto di accoglienza e di gioia è tipico per gli ebrei ed è legato al ricordo dell’esodo dall’Egitto celebrato nella Festa delle Capanne. Per i cristiani la palma indica la vittoria di Gesù sulla morte e la sua risurrezione ed è il simbolo dei martiri per la fede.