LA SAMARITANA

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Premessa

Il tempo di Quaresima è caratterizzato dai temi battesimali. Il battesimo, che è il sacramento della fede, anticamente veniva amministrato una sola volta all’anno, durante la Veglia di Pasqua. Così i 40 giorni – da qui il termine “Quaresima” - che la precedono sono segnati nella liturgia da letture che introducono alla comprensione del Battesimo.  Nelle grandi icone delle 6 domeniche del tempo di Quaresima, collocate sulla parete destra della navata centrale della Basilica, si evidenzia visivamente questo rapporto tra battesimo e fede. Nella prima domenica si vuole sottolineare che chi con la fede diventa discepolo di Gesù, come lui è chiamato a vincere le tentazioni che si palesano nel mondo; infatti, per 3 volte nella liturgia battesimale si ripete “Rinuncio” al male, a Satana, alle sue opere, esattamente come Gesù che dopo aver ricevuto il battesimo nel fiume Giordano da Giovanni Battista, per 3 volte, nel deserto, vince il confronto col demonio. Si pensi, poi, alla raffigurazione del cieco nato – IV domenica di Quaresima - con la piscina di Siloe (che significa “Inviato”) ambientata plasticamente all’interno della nostra Basilica o all’immagine della risurrezione di Lazzaro della V domenica di Quaresima: chi riceve il battesimo deve far morire l’uomo vecchio, quello che seguiva gli idoli e la religione dei pagani per risorgere / rinascere cristiano, nuova creatura (per questo in quell’icona vi è raffigurato anche il Battistero della Basilica).

Nell’icona della seconda domenica di Quaresima, ispirata al capitolo 4 del Vangelo di Giovanni, la “domenica della Samaritana” recita la liturgia ambrosiana, il riferimento al battesimo è chiaramente evidente: Gesù ha “un’acqua viva” (4,10), “una sorgente d’acqua che zampilla per vita eterna” (4,14), si tratta dell’acqua del Battesimo, l’acqua della fede cristiana. Gesù sottolinea la differenza sostanziale tra l’acqua comune – del pozzo di Giacobbe – e l’acqua che egli dà a chi ha sete: “chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete” (4,15).  Nel discorso tenuto a Cafarnao sul “pane di vita” Gesù dirà: “E’ lo Spirito che dà la vita” (6,63), allora l’acqua che zampilla per la vita a cui fa riferimento Gesù nel racconto della Samaritana è l’acqua dello Spirito, quella che spegne la sete spirituale che è presente in ogni uomo. La corrispondenza tra acqua per la vita (“acqua viva”) e Spirito già presente, come noto, all’inizio della Genesi, è riaffermata nel Vangelo di Giovanni nel capitolo che precede quello della Samaritana, nel passo in cui Gesù dialogando di notte con Nicodemo dichiara: “Se uno non nasce da acqua e da Spirito non po’ entrare nel regno di Dio” (3,5).

 

 

La grande icona della Samaritana

Eccoci alla presentazione della penultima icona del ciclo realizzato dal pittore Iulian Rosu ora esposta in fondo alla Basilica prima d’essere collocata sulla parete destra della navata centrale dopo l’icona delle tentazioni di Gesù nel deserto.

Ci presenta una pagina assai nota del Vangelo secondo Giovanni (4,6-26) raccontata pittoricamente con la consueta fedeltà e acceso cromatismo. Questo dipinto descrittivamente è forse il più semplice tra quelli del ciclo: narra l’incontro di Gesù con la Samaritana”[1], una donna cioè della Samaria presso un pozzo che nell'antico Israele, zona non ricca di acque, era facilmente un punto d'incontro. I samaritani erano invece una popolazione considerata eretica[2] dai giudei.

Nella grande icona, vediamo i rilievi taglienti vicini alla cittadella di Sicar in Samaria, l’antica Sichem (oggi Nablus), che è raffigurata sullo sfondo. Sul monte Garizim qui affrescato in colore azzurro vi era invece il tempio dei samaritani. Infatti, la donna dirà a Gesù: «Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare» (vv 19-20).

L’incontro di Gesù con la donna di Samaria avviene accanto ad un pozzo nel terreno che Giacobbe – vissuto 1700 anni prima di Gesù - aveva lasciato in eredità al figlio Giuseppe[3]. Le tre palme stanno a segnalare che quella era un’antica oasi dove si potevano abbeverare anche le greggi.

Gesù che riconosciamo facilmente nelle sue abituali ed eleganti simboliche vesti, la tunica rossa e il mantello del sommo sacerdote trapuntato di croci, affaticato dal viaggio, è seduto per un momento di riposo. Chiede dell’acqua da bere alla donna nel frattempo sopraggiunta, con una domanda semplicissima che cambierà la sua vita. Tutto s'incentra sulle parole di Gesù: «Io ho un’acqua che zampilla per vita eterna» (v. 14). L'acqua che Cristo offre, in alternativa a quella del pozzo tradizionale, è simbolo della nuova Legge, che sostituisce quella antica, si tratta dell’acqua della fede. «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (v. 10).

È come se qualcosa sbocciasse d’improvviso, uno zampillo carico di vita nuova.

Gesù, quindi, dialoga e offre la buona novella anche a chi non era considerato un ebreo “puro” e che, tra l’altro, sembra comprendere meglio di tanti israeliti il suo messaggio.

Nel nostro dipinto la samaritana ha una snella figura, lunghi e ricci capelli neri e porta un’elegante veste ricamata, segno di una vita agiata. La sua mano destra, portata al viso, sottolinea però la sua sorpresa per le parole di Gesù. È, infatti, attonita per via della conoscenza che Gesù ha della sua vita tanto che tornò poi in città annunciando di aver incontrato, forse, il Messia.

Alle spalle ecco sopraggiungere alcuni dei suoi apostoli che erano stati nella cittadina di Sicar ad acquistare cibo. Pietro ha tra le mani un panno e un vassoio con latte e frutta. Del tutto ignari di quanto era avvenuto si meravigliano del fatto che Gesù stesse parlando con una donna samaritana, ma non fanno domande, rimangono estranei all’importante incontro. Questo permette però d’introdurre le parole di Gesù che non solo ha un’acqua viva (la fede), ma ha anche un altro cibo («mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato» v. 34).

Vari sono i richiami simbolici alla pagina del Vangelo di Giovanni: Gesù arriva a Sicar verso mezzogiorno e il suo dire “ho sete” richiama quanto poi dirà in croce appunto a mezzogiorno. Il pozzo di Giacobbe che qui ha una struttura elaborata, elegante e ricca decorazione e riporta l’inizio della scritta NAM ILLA SILOE NATATORIA AD QUAM ILLE MITTITUR CAECUS NIL ALIUD NISI FONS SACER SIGNATUS EST[4]  che si trova incisa sul geometrico fonte battesimale in granito rosa di Baveno della Basilica. Certamente il pozzo di Giacobbe era assai più semplice e rustico, ma qui si trasforma nel fonte battesimale cristiano.

Anche in questo caso il dipinto è come un crogiuolo di antico e nuovo insieme in cui si fondono, in un unico linguaggio di fede, l’Antico e il Nuovo Testamento.

 

(L. Bissoli)  



[1] Il Vangelo non precisa il nome della donna, ma secondo una tradizione orientale si chiamava Fotina (Svetlana in russo). Secondo la tradizione, Fotina, convertita al cristianesimo, fu martirizzata a Roma al tempo di Nerone con tutta la sua famiglia. Era ricordata come santa nel martirologio romano il 20 di Marzo.

[2] Dopo il ritorno in Palestina degli Ebrei dalla cattività babilonese (538 a.C. Editto di Ciro), questi ultimi non vollero riconoscere i samaritani come «autentici» ebrei in quanto si erano mescolati con la popolazione pagana introdotta nel territorio dai babilonesi. Motivo per cui i samaritani boicottarono la ricostruzione del tempio di Gerusalemme (Esdra 4,4-6; Neemia 3,33-4,3; 6,1-9) e ottennero da Alessandro Magno il permesso di erigere all’unico Dio un proprio luogo santo sul monte Garizim ora chiamato in lingua araba Jebel at-Tur alto 881 mt, sito di rimpetto al monte Ebal (nell’icona in colore giallo) alto 940 mt.

[3] In Gen 33,18-19 l’acquisto da parte di Giacobbe dell’appezzamento di terreno col pozzo; Gen 48,22 Giacobbe ormai morente lascia in eredità a Giuseppe “il dorso del monte” acquistato dagli Amorrei; Gs 24, 32 ricorda che le ossa di Giuseppe verranno sepolte a Sichem nel terreno acquistato da Giacobbe.

[4] Trad. Infatti con quella piscina di Siloe, alla quale è stato inviato il cieco, nulla è indicato se non il sacro fonte – Prefazio Ambrosiano della IV domenica di Quaresima nel Messale del 1831.