LA GUARIGIONE DEL CIECO NATO
Iulian Rosu ha dipinto e offerto, nuovamente, ai fedeli della basilica dei SS. Martiri Nereo e Achileo, la possibilità, attraverso l’arte, di scoprire un nuovo ed appassionante momento della vita di Gesù, così come è raccontato dall’evangelista Giovanni, al capitolo 9.
La grande Icona che lo raffigura è stata collocata sulla parete di destra della navata il 25 febbraio 2021.
Come di consueto il nostro pittore si impadronisce dello spazio da illustrare senza passare da una serie di studi e bozzetti. Dopo un’attenta lettura del brano evangelico che deve raffigurare, ricostruisce un ambiente naturale in cui inserisce figure e quant’altro può servire per aiutare a comprendere quanto rappresentato. Tiene anche conto che potrà essere visto solo dal basso e da una certa distanza.
L’abituale luminosa cromia rappresenta poi un valido supporto non solo visivo. Dà, infatti, vigore, vivacità e invita ad una giusta curiosità.
L’Icona, così come la pagina del Vangelo, è ricca di aspetti di carattere teologico, simbolico e artistico che hanno un unico scopo: rappresentare il mistero divino. Nulla è lasciato al caso e niente di superfluo è stato dipinto.
Lo sfondo presenta rocciose, robuste montagnole a forma conica con le tipiche balze taglienti, che ospitano alcuni contorti, ma vivissimi alberi. La montagna è, tra l’altro, il luogo simbolico della parola di Dio. All’estremità destra vediamo la complessa struttura della piscina di Siloe, di pura fantasia, con colonne che hanno le fattezze di quelle della navata e del ciborio della
Basilica, giusto per mantenere il fecondo rapporto tra l’Antico, il Nuovo Testamento e la vita della Chiesa che il pittore sottolinea con convinzione in ogni Icona sin qui dipinta. Un ambiente monumentale ed elegante in cui vediamo una grande, colorata e decorata vasca il cui colore ci ricorda il basalto rossiccio, una roccia vulcanica molto usata nei paesi medio-orientali.
Ricordiamo che la piscina di Siloe, oltre ad essere uno spazio dedicato al lavacro rituale prima di entrare nel Tempio, era una riserva naturale di acqua per la città di Gerusalemme, scavato in una parete di roccia, come confermato da recenti scavi archeologici (2004) che l’hanno messa in luce.
Al centro vediamo la figura di Gesù con le abituali ricche vesti che ci ricordano il suo essere Sommo Sacerdote. Nella mano sinistra ha il rotolo del Vangelo. La dorata aureola ha inscritta una croce con tre lettere greche che significano: “Colui che è, che era e che sarà”.
Alla sua sinistra vediamo l’abituale gruppo degli apostoli che, dopo la discussione con Gesù riguardante il perché quell’uomo era nato cieco, sono sempre in uno stato che non sappiamo se definire di curiosità o di attesa di un fatto straordinario. Riconosciamo Pietro (con dorate chiavi appese al collo e la capigliatura accurata) e Giovanni l’evangelista che nel suo vangelo ci racconta l’episodio, con la mano destra coperta da un lembo del suo mantello.
Gesù che ha il viso segnato da un leggero e affettuoso sorriso, ha appena impastato con la saliva un po’ di terra e la sta spalmando sugli occhi del cieco nato. È un gesto che è come un nuovo atto di creazione e sarà per lui l’inizio di una nuova vita.
Il cieco è raffigurato piccolo, di giovane aspetto e vestito di una povera e bucata pelle di capra: Dietro di lui una cesta, un sasso e una veste, tutto il suo avere. Si appoggia a un esile e nodoso bastone da cui spunta, miracolosamente, un ramoscello con tre verdi foglie. Molto bello questo particolare che leggiamo come la vita, dono di Dio, nasce anche in luoghi che sembrano aridi.
Il cieco non riacquista subito la vista, ma fidandosi ciecamente, così si suole dire, dell’atto di Gesù e delle sue parole, si reca immediatamente alla piscina di Siloe che significa “inviato”. “Egli andò, si lavò e ritornò che vedeva”. La piscina dell’Inviato è un chiaro riferimento al fonte battesimale, dove si riceve il sacramento della fede: avere la fede è avere occhi nuovi. Il tema battesimale è caratteristico del tempo di Quaresima.
Dopo la sua guarigione iniziano i guai con i farisei che lo cacciano, come ampiamente racconta Giovanni. Loro che erano così conoscitori e osservanti delle tradizioni non erano invece in grado di vedere e di credere perché non erano uomini liberi.
Gesù sentì che l’avevano cacciato fuori [dalla Sinagoga] colui che era stato cieco, e trovatolo, gli disse: «Tu credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Tu l'hai visto: colui che parla con te è proprio lui». Ed egli disse: «Io credo, Signore!»
“Com’era lo sguardo di Gesù? Quali messaggi trasmetteva? Che impatto aveva su chi lo incontrava? …… Lo sguardo che egli dirige al cieco nato è a ognuno di noi è quindi eterno, libero, intimo e al contempo universale. È lo sguardo che permette a ognuno di vedere e capire”[1].
Ora il cieco guarito, che ci rappresenta tutti, ha modo di vedere Gesù, leggere nei suoi occhi e scoprire il suo sguardo di amore e di misericordia e finalmente vedere la vera luce e la Bellezza. Tutti possiamo vivere l’esperienza del cieco nato, basterebbe credere in lui.
[1] Tratto dall’articolo Evangeliche visioni, di Timoty Verdon, pubblicato sul periodico mensile di Avvenire, I Luoghi dell’Infinito, n° 258 del febbraio 2021
(L. Bissoli)